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Il canto sociale e di protesta politica in Italia
Fino al 6 settembre si potrà visitare “Il canto sociale e di protesta politica in Italia“, la mostra dedicata ai canti popolari in Archivio centrale dello Stato a Roma.
L’esposizione storico-documentaria, inaugurata in occasione del Concerto organizzato in Archivio per la Festa della Musica 2019, nasce dall’idea di coniugare la ricerca musicale di Giovanna Marini e della Scuola popolare di Musica di Testaccio che trasmette e reinterpreta i canti di lavoro, di protesta, di lutto, di emigrazione e di guerra, che rientrano nella cultura popolare italiana, con le testimonianze fornite dai documenti degli organi centrali dello Stato unitario conservati dall’Archivio centrale e di come questi siano entrati in relazione.
Si tratta di canti popolari e vecchie melodie reinterpretate dai militanti anarchici e socialisti riportati su “fogli volanti” o “canzonieri” diffusi clandestinamente tra il popolo con finalità di propaganda politica, come quelli di Pietro Gori (1865-1911), autore di alcune tra le più famose canzoni anarchiche della fine XIX secolo, tra cui “Addio Lugano bella” e “Stornelli d’esilio”, o ancora i canti di emigrazione, antimilitaristi e antifascisti. Un patrimonio che testimonia il valore del canto quale strumento espressivo più diffuso e maggiormente utilizzato tra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo.
Un canto che ha unito, accompagnato, sostenuto, incitato e consolato uomini e donne sia nei momenti di lavoro che di festa ma anche in quelli di più duri che riguardano la protesta politica.
I documenti in esposizione sono conservati nel Fondo del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno, nel Fondo del Ministero di Grazia e Giustizia o tra i fascicoli processuali del Tribunale speciale per la difesa dello Stato attivo durante il periodo fascista, ma anche in alcuni degli archivi privati e di personalità politiche, come quello del repubblicano Ugo La Malfa (1903-1979), già fondatore del Partito D’Azione e membro dell’Assemblea costituente e nel Fondo di Massimo Consoli (1945-2007), militante per i diritti degli omossessuali.
A corredo della mostra, su concessione di Caterina Arfè, funzionaria archivista di Stato presso l’Istituto, sono in esposizione alcuni dischi della sua collezione privata, editi da I Dischi del Sole, una delle case discografiche che negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso ripubblicarono e fecero circolare i canti sociali e politici della tradizione popolare italiana.
Canti nati perlopiù nel secolo precedente e che poi, passati di bocca in bocca, avevano attraversato frontiere, guerre, dittature, crisi economiche, rivoluzioni, e si erano così modificati, via via dimenticati, poi riscoperti e reinterpretati, arrivando fino a noi.
La mostra resterà aperta fino al 6 settembre 2019 negli orari di apertura dell’Archivio:
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