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Musica per la salvaguardia dell’ambiente: gli artisti in prima linea per un futuro verde
di Giorgia Mocci.
Questo articolo è parte della rassegna “Altre Ecologie – Quando l’Arte protegge il Pianeta“
Evento in partnership con “La Nuova Ecologia“
Il cambiamento climatico è una delle sfide più importanti, complesse e urgenti di cui l’umanità deve prendere consapevolezza. Il riscaldamento globale, sempre più grave, ha conseguenze profonde sia sull’ambiente che sulla società ed è compito di tutti tutelare la natura e il nostro pianeta con piccoli gesti, che potrebbero apparire banali ma che sono proprio quelli che fanno la differenza.
Sono diversi gli artisti che, sensibili a questa tematica, utilizzano la propria musica e popolarità per sensibilizzare il pubblico sulle questioni ambientali e motivare le persone a compiere azioni concrete per la salvaguardia ambientale. Non è un fenomeno nuovo: già negli anni Sessanta cantanti e musicisti affrontavano nei loro testi le tematiche ambientali ergendosi quali difensori dell’ambiente e della salvaguardia della Terra. La musica quindi dimostra di essere stata e di essere ancora oggi più che mai un potente strumento di cambiamento e di consapevolezza ecologica.

A livello internazionale esistono iniziative collettive come ad esempio quella portata avanti dall’associazione benefica inglese Music Declares Emergency, fondata nel 2019 da un gruppo di artisti e di professionisti del mondo musicale. Lo slogan No Music on a Dead Planet riassume efficacemente lo scopo della loro azione: utilizzare il potere della musica e l’influenza degli artisti per rendere le masse consapevoli del cambiamento climatico e incitare urgenti provvedimenti presso i governi. Nel 2021, MDE si è ampliato in una ramificazione che riguarda nello specifico artisti ed esponenti della musica classica, Classical Declares.
L’artista, musicista e produttore inglese Brian Eno ha lanciato all’inizio del 2024 il collettivo artistico Hard Art, una comunità che vuole raccogliere artisti, attivisti e scienziati per promuovere un cambiamento culturale e rompere con lo status quo. Brian Eno, già fondatore della piattaforma di raccolta fondi Earth Percent, fondata nel 2021 per finanziare azioni per l’ambiente, spera con Hard Art di fare la stessa cosa: il collettivo, che già conta 150 membri tra artisti, professori, attivisti, registi e altre personalità, si prefigge in primo luogo un cambiamento culturale che spinga le persone a modificare il proprio stile di vita e a riemergere dalle ceneri degli attuali e inefficaci sistemi democratici.


Alcuni cantanti invece si sono impegnati personalmente in iniziative di salvaguardia ambientale o di raccolta fondi. Elisa Toffoli, nell’ambito del progetto Music for the planet, volto a salvare entro il 2025 9 milioni di alberi in Italia e 500 milioni di alberi in Europa, ha portato avanti nel 2022 il Back To The Future Tour, una serie di concerti in cui il singolo I Feel It In The Earth incitava a non danneggiare ulteriormente la Terra già seriamente compromessa dal cambiamento climatico. La cantante, in quanto rappresentante della campagna delle Nazioni Unite sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, ha anche cercato di mettere in atto un tour più sostenibile, riducendo il numero di camion usati per il trasporto e utilizzando per i concerti strutture già esistenti per minimizzare l’impatto sull’ambiente.
Lo stesso esperimento è stato portato avanti dai Coldplay, che dopo aver interrotto i loro tour nel 2019 proprio a causa dell’enorme impatto ambientale dei concerti, sono tornati alla carica con un nuovo progetto, Music of the Spheres. Il loro tour “green” cerca di minimizzare il proprio impatto sull’ambiente ricorrendo, ove possibile, a energia pulita per alimentare i concerti, riducendo le emissioni di CO2 nei trasporti e, non da ultimo, destinando parte dei proventi a finanziare progetti ecologici come la riforestazione.
Oltre alle iniziative collettive, a quelle di salvaguardia ambientale o di raccolta fondi, esistono altri artisti che hanno voluto esprimere la loro opinione sulle tematiche ambientali nei testi delle loro canzoni.
Già nel 1966 Adriano Celentano scrisse Il ragazzo della via Gluck, testo in cui si rimpiange un mondo perduto: quello dell’infanzia e dell’adolescenza, ma soprattutto quello dove si viveva “in una casa in mezzo al verde”. Il verde che ora è stato soffocato dalla città, e tutto ciò che si può vedere intorno a sé è solo ed esclusivamente il cemento, il cui odore si è diffuso anche nell’aria. Più di cinquant’anni fa, perciò, il cantante italiano già denunciava l’inquinamento e l’urbanizzazione selvaggia.


Di pochi anni dopo è Big Yellow Taxi, singolo di Joni Mitchell (1970), che trasse l’ispirazione per il singolo osservando, durante un viaggio alle Hawaii, la bellezza dell’Oceano Pacifico in contrapposizione ad un parcheggio sottostante all’albergo. Nel verso della canzone “They paved paradise to put up a parking a lot” si muove da subito un’aspra critica all’attività umana che, in modo scellerato, danneggia la natura per fini puramente materialistici ed economici. Un altro tema che viene toccato è la tutela degli alberi in via d’estinzione sradicati dal loro habitat naturale e collocati in un giardino botanico.

Nel 1971 furono i Beach Boys a denunciare l’inquinamento degli oceani con il pezzo Don’t go near the water. Il brano, con tono ironico e fortemente ecologico, consiglia all’ascoltatore di non avvicinarsi all’acqua già avvelenata dall’uomo con il riversamento di sostanze nocive negli oceani, nei fiumi, nei laghi e nei torrenti.
Quattro anni dopo, nel 1975, Pierangelo Bertoli compose la canzone Eppure soffia. Il testo, scagliandosi contro la follia della guerra e delle attività intensive dell’uomo, divenne il simbolo dell’impegno nella lotta contro l’inquinamento ambientale. Si denuncia la sete di potere e la cupidigia dell’uomo che, con la creazione di industrie altamente inquinanti e con guerre folli che, non da ultimo, hanno fatto uso della bomba atomica, ha generato morte e distruzione con conseguenze irreversibili. Il testo lascia però un barlume di speranza associata alla forza e alla resistenza della natura.
Nel 1995 i Radiohead con Fake plastic trees criticarono la diffusione della plastica nella nostra quotidianità a partire dagli anni ‘80. La canzone descrive un mondo finto completamente fatto di plastica, un materiale tanto onnipresente da diventare infine parte integrante del corpo umano. Al di là dell’interpretazione letterale, che denuncia l’uso selvaggio della plastica, quest’ultima viene intesa anche come una metafora della decadenza e della falsità della società. Anche canzoni come “Idioteque” e “Polyethylene (Parts 1 & 2)” affrontano il degrado ambientale e l’inquinamento, tematiche molto a cuore alla band che dagli anni ‘90 si impegna per ridurre l’impatto ambientale dei loro tour, utilizzando ad esempio luci a basso consumo di energia, materiali di riciclo per i palchi e gli imballaggi del merchandising, la scelta di luoghi raggiungibili con mezzi pubblici ecosostenibili,… Oltre ai tour ecocompatibili, la band, in particolare Tom Yorke, ha collaborato con diverse ONG ambientaliste come Greenpeace e Friends of the Earth (nel 2012 hanno aderito alla campagna Save the Arctic di Greenpeace, per la quale fecero girare tra il pubblico dei loro concerti un finto orso polare per sensibilizzare i fan sui danni riportati dalla fauna a causa della corsa al petrolio nella regione artica). Tom Yorke, inoltre, continua la sua lotta al cambiamento climatico anche attraverso un’alimentazione sostenibile: vegetariano convinto, ha partecipato all’evento “Eat This!” di Animal Aid, cercando di smuovere le coscienze sulla pericolosità degli allevamenti intensivi, incoraggiando ad adottare comportamenti sostenibili.
Nel 1996 Fabrizio De Andrè compone Dolcenera, un testo dove la tragedia dell’alluvione di Genova del 7 ottobre 1970 si intreccia drammaticamente con la storia di un uomo follemente innamorato di una donna che non corrisponde il suo amore. Nella sua follia l’uomo perde del tutto il contatto con il mondo circostante: non si rende conto che la donna è vittima della terribile alluvione che sta colpendo Genova e, senza rendersi conto della sua assenza, immagina ad occhi aperti di fare l’amore con lei.
Nel 2007, in Mal di terra, Giorgia descrive l’indifferenza dell’uomo di fronte all’emergenza ambientale facendo un riferimento esplicito all’inquinamento. La cantante romana critica lo sfrenato consumismo della società contemporanea che non contempla i valori del risparmio energetico e del riciclo, aggiungendo che l’unica soluzione per salvaguardare l’ambiente è il dialogo tra le persone e le diverse culture.


Sempre dello stesso anno è la canzone di Björk, Earth Intruders, che con ritmi tribali e beat elettronici, si propose come una critica sociale e aperta nei confronti dell’uomo che distrugge la Terra di cui egli stesso è in realtà ospite. La cantante e attivista islandese ha scritto il singolo dopo aver fatto un sogno in cui uno tsunami di milioni di persone molto povere travolgeva la Casa Bianca radendola completamente al suolo.
Nel 2018 Paul McCartney scrisse e cantò Despite repeated warnings in cui l’ex Beatles criticava la negligenza dei grandi leader mondiali non capaci di affrontare la crisi climatica e i disastri ambientali provocati dall’uomo. Nella canzone si descrive la storia di un capitano che, non ascoltando gli avvertimenti degli scienziati, dirige la sua nave contro un iceberg peccando di eccessiva sicurezza nelle proprie azioni.


Con la canzone del 2020 Retrograde, i Pearl Jam descrissero l’ambiente colpito dai più recenti e violenti disastri naturali: l’inquinamento, gli incendi delle foreste, lo scioglimento dei ghiacciai. Il testo invita alla resistenza in un mondo che sembra impazzito. Un uomo sta guidando sotto la pioggia per poi giungere in un centro commerciale in cui si trova lo studio di un sensitivo. Con una sfera di cristallo l’uomo osserva la devastazione della Terra e tutti i disastri ambientali in atto: le inondazioni di città, lo scioglimento dei ghiacciai, ecc…
A riassumere l’impegno verso una musica più green e rispettosa della natura è il Manifesto della Musica Sostenibile, promosso dall’Associazione dei Produttori Musicali Indipendenti (PMI) con la collaborazione di Impala e Rockol. Il decalogo mira a offrire spunti per una maggiore sostenibilità dell’industria musicale su tutti i fronti, non solo in merito alle esibizioni del vivo ma anche a tutta la filiera di produzione, distribuzione e vendita di prodotti fisici come i CD. Numerosi operatori del settore, non solo artisti e cantanti ma anche giornalisti, manager, avvocati e produttori dell’industria musicale hanno sottoscritto il manifesto.
La strada verso una maggiore sostenibilità è però ancora molto lunga. È necessario il contributo di tutti, non solo degli operatori dell’industria ma soprattutto di tutti noi, fruitori e amanti della musica che dobbiamo essere più consapevoli del nostro impatto ambientale ogni volta che acquistiamo un CD, ascoltiamo musica in streaming e partecipiamo a un concerto dal vivo.
Come canta Jimmy Cliff nel suo Save Our Planet Earth:
«Everybody wants a better future
So we’ve got to stop this crying the nature».
Giorgia Mocci.
Immagine in evidenza
Radiohead – Fake plastic trees (screenshot dal video)
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